#CinemainClasseA è la campagna di ENEA e Green Cross Italia sull’efficienza energetica nel cinema italiano. La Campagna prevede attività di sensibilizzazione, informazione e formazione, rivolte prima di tutto agli operatori del settore, ai giornalisti e agli opinion maker che se ne occupano. Attraverso il coinvolgimento dello stesso mondo del cinema si intende arrivare anche agli studenti, ai giovani e alle famiglie. #CinemainClasseA è stata presentato durante la 73sima mostra internazionale del Cinema di Venezia ed è realizzato in collaborazione con il Green Drop Award

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Cinema in Classe A è parte della più ampia Campagna nazionale per l’efficienza energetica di ENEA
e Ministero dello Sviluppo Economico “Italia in classe A”

Dalla campagna è nata l’elaborazione del Rapporto su Cinema ed efficienza energetica che enumera anche le best practice – già previste in alcuni disciplinari ed attuate nella realizzazione di vari film – che si possono adottare su un set per un #CinemainClasseA

Rapporto è stato realizzato a cura di Antonio Disi e Marco Gisotti  

Un’industria fra immaginario verde e produzione sostenibile

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L’industria cinematografica, attraverso le sue opere e il suo star system, ha sempre svolto sin dalla sua nascita un fortissimo potere divulgativo ed emulativo presso il pubblico.

Attori e attrici sono diventati esempi da imitare di cui lo stesso sistema produttivo si è servito per promuovere prodotti di largo consumo.

Così come la capacità di promuovere messaggi e comportamenti è stata, nel corso dei decenni, sia stigmatizzata sia utilizzata dalle istituzioni, dalle diverse rappresentatività sociali, da gruppi di pressione etica o politica, dalle industrie.

Così come il cinema non si è mai sottratto dal ruolo di divenire veicolo di denuncia sociale, politica e morale. A partire dagli Sessanta, però, abbiamo assistito, di pari passo con l’evolversi dei costumi sociali, all’emergere nuove tematiche, che andavano ad accostarsi ai temi più tradizionali della legalità, del conflitto sociale sia esso di ordine raziale, religioso o sessuale. Il tema dei conflitti bellici, per esempio, evolveva da racconto eroico a denuncia pacifista, così come si affacciavano le prime critiche ai modelli di consumo, al depauperamento dell’ambiente e dello sfruttamento insostenibile delle risorse.

La cinematografia statunitense, in particolare, con opere come “Silent Running” di Douglas Trumbull (film del 1972, in Italia uscito con il titolo “2002: la seconda Odissea”) evidenzia la trasformazione del rapporto uomo-natura in chiave critica, lanciando un monito del tutto in linea con quanto avveniva nelle sedi internazionali in quello stesso anno con la Prima conferenza mondiale sull’ambiente umano (Stoccolma, 5-16 giugno 1972).

È però negli anni Duemila che la tematica raggiunge la sua piena maturità ed un film spartiacque può essere considerato “The day after tomorrow” di Roland Emmerich (2004, in Italia uscito con il titolo “The day after tomorrow – L’alba del giorno dopo”): opera del filone catastrofista, ricca di esagerazione, tuttavia sufficientemente accurata nella rappresentazione di un futuro devastato dai mutamenti climatici. Non che nei decenni precedenti opere più colte o cosiddette d’autore non avessero colto l’emergere di una sensibilità ambientale; il tema trasversale dell’ambiente – dalla conservazione della natura allo sfruttamento delle fonti energetiche – era stato affrontato persino in opere di genere, ma il film di Emmerich è opera ad alto budget e destinata a grandi platee, in anni in cui il dibattito sui cambiamenti climatici si rivela più acceso che mai. Solo tre anni dopo, infatti, il Nobel per la pace sarà assegnato all’ex-vice presidente degli Stati uniti, Al Gore, e agli scienziati dell’Ipcc per il loro impegno nella lotta ai cambiamenti climatici.

Ma per l’ambiente il cinema può fare di più che trasferirlo nelle sue storie. Essendo quella cinematografica un’industria, può rendere i suoi processi più sostenibili, meno impattanti, più efficienti.

Così a cavallo del primo decennio degli anni Duemila si moltiplicano negli Stati Uniti e in Europa gli esempi virtuosi di produzioni sostenibili, il cui obiettivo è quello di ridurre i consumi energetici e di materie prime, di riciclare e riutilizzare i propri scarti, mitigare con ogni mezzo il proprio passaggio negli ecosistemi locali e globali.

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Il cinema “verde” in Italia

Se negli Stati Uniti le grandi case di produzione hanno da tempo assunto protocolli ambientali di una certa rilevanza, arrivando persino a creare nuove figure professionali come lo “steward ambientale” e costruendo vere e proprie campagne di marketing per promuovere i propri block –buster (si veda il caso di “The amazing Spider-man 2”, oggetto di un campagna tutta incentrata sull’efficienza energetica, sostenuta anche dal mondo ambientalista), in Italia l’argomento e l’impegno è stato assunto solo a partire dell’anno 2010, quando al Festival del cinema di Cannes è stato presentato il film “Sul mare” di Alessandro D’Alatri, quale prima opera italiana ad essere stata realizzata seguendo un protocollo di sostenibilità, messo a punto da Edison in collaborazione con la casa cinematografica Tempesta e con la consulenza di AzzeroCO2.

Al 2015 in Italia esistono almeno tre diversi disciplinari in uso:

  • Ecomuvi, realizzato da Tempesta insieme ad Icei,
  • Edison Green Movie, realizzato da Edison,
  • Green Ciak, realizzato da Cremonesi Consulenze.

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